Durata: varia /Difficoltà: facile
Monte S.Angelo Valle Campanile (S.Barnabea) Coppa la Pinta (Vallone Pulsano)
Accessi:
Monte S.Angelo; strada Manfredonia /S.S. 272.
Cartografia di riferimento:
Carta I.G.M.I 1:25.000 – Foglio 156 II SE, S.Salvatore; Foglio 164 I NE, Manfredonia. Carta I.G.M.I. 1:50.000 – Foglio 397, Manfredonia.
Escursione facile, che si può compiere in gran parte con mezzi motorizzati (preferibilmente fuoristrada), da associare alla visita dell’Abbazia di Santa Maria di Pulsano. Di notevole interesse paesaggistico, storico e archeologico. Possinilità di rifocillarsi ed acquistare prodotti tipici locali presso la Masseria San Paolo attraverso la quale si accede al Vallone di Pulsano.
É consigliabile munirsi di un binocolo per la migliore osservazione.
DESCRIZIONE PERCORSO
Da Monte Sant’Angelo si percorre la strada asfaltata che conduce a Santa Maria di Pulsano. Dopo circa 2,5 km si imbocca a sinistra il tratturo comunale, in alcuni punti disagevoli per i normali automezzi, che segue il tracciato dell’acquedotto, verso Coppa la Pinta. Con una breve variante sulla destra, all’altezza della ramificazione dell’acquedotto, può compiersi la visita alle rovine del convento di S.Barnabea, mentre se si prosegue diritti si giunge in breve alla Masseria San Paolo dalla quale si accede ai contrafforti del Vallone Pulsano. Motivi di carattere protezionistico sconsigliano categoricamente l’accesso nel fondo del vallone e ancor più l’arrampicata sui costoni rocciosi (localmente chiamate “pannoni”). Si raccomanda invece di ammirare questi luoghi solo dall’alto e da diverse prospettive, evitando ogni forma di disturbo.
IL PAESAGGIO
Usciti dall’abitato di Monte Sant’Angelo si attraversa dapprima una zona interessata da una lottizzazione urbanistica (Poggio del Sole); proseguendo si lascia sulla destra, a monte della strada, il mattatoio comunale ed una stazione radio dell’Aviazione Militare posta sullo spartiacque fra la Valle Carbonara e la Valle Campanile. L’uso del suolo è quello descritto per la Valle del Galluccio :piccoli terrazzi in gran parte abbandonati e ricoperti da radi mandorleti ma, un tempo intensamente coltivati. Imboccato il tratturo, si prosegue dapprima in cresta, successivamente, tra ambi terrazzi. Superate due piccole masserie ancora oggi a prevalente indirizzo pastorale, si giunge sull’altopiano di Coppa la Pinta, profondamente inciso dal Vallone di Pulsano. Quest’ultimo è un profondo canyon a morfologia molto accidentata e costituisce il più suggestivo paesaggio rupestre del Gargano; è sede di alcuni endemismi e rarità floristiche, nonché importanti habitat di nidificazione per alcune specie di rapaci. Dall’alto del precipizio, dove si raccomanda molta prudenza, è possibile ammirare sotto diverse prospettive alcune grotte, testimonianza dello straordinario lavoro compiuto dai monaci eremiti per il loro insediamento. Sulla parete rivolta a mezzogiorno si osservano alcune gradinate scavate nella roccia che collegano diversi nuclei insediativi. Questi sono rappresentati da ampie grotte, dotate all’esterno di rudimentali cisterne in pietra che servivano per la raccolta dell’acqua piovana; fra le opere di rinforzo realizzate, da notare i muretti a secco con funzioni di contenimento per ottenere piccole superfici coltivabili. Al tutto fa sfondo l’Abbazia di Pulsano e, qua e là, diverse masserie sparse su un territorio carsico dalla morfologia aspra e tormentata, ove è possibile solo l’esercizio del pascolo. Sotto l’aspetto vegetazione il Vallone di Pulsano attualmente si caratterizza per la presenza di un rado cespuglieto a prevalenza di leccio, misto a carpino nero e orniello. La pendice Nord-Ovest presenta piccoli terrazzi coltivati con alberi di fico, olivo, mandorlo e sorbo domestico. Sull’altopiano, in un paesaggio dominato da campi carreggiati ricoperti da gramineti xerofili, data la frequente presenza di venti che aspirano con forte intensità, è interessante osservare la presenza del ginepro feniceo a portamento prostrato. Sul fondo del vallone vi sono enormi massi che, in occasione di grosse alluvioni, vengono trascinati a valle dalla furia delle acque selvagge, dando origine alle cosiddette “lave torrentizie”. In alcuni casi (1972 e 1976) queste lave hanno provocato ingenti danni e lutti, soprattutto nella piana di Manfredonia.