Durata: varia /Difficoltà: facile
San Giovanni Rotondo Valle dell’Inferno S.P. Manfredonia/San Giovanni Rotondo (Km 5+500)
Accessi:
S.P. San Giovanni Rotondo/Monte S.Angelo (Cagnano Varano/Carpino); S.P. San Giovanni Rotondo/Manfredonia (km 5+500).
Cartografia di riferimento:
Carta I.G.M.I 1:25.000 – Foglio 156 II SO, San Giovanni Rotondo; Foglio 164 I NO, San Leonardo. Carta I.G.M.I. 1:50.000 – Foglio 397, Manfredonia.
Facile Itinerario percorribile con automezzi, in parte su strada asfaltata e in parte su carrareccia, fino alla testata della Valle dell’Inferno (Croce di Camillo de Lellis). Chi vuole compiere la traversata di quest’ultima si può far raggiungere in macchina sulla S.P. San Giovanni Rotondo/Manfredonia (al km 5+500) servita anche da mezzi pubblici. Panoramica la prima parte del percorso, mentre la Valle dell’Inferno rappresenta uno dei più interessanti ambienti rupestri del promontorio.
Il percorso è sconsigliato nelle ore più calde delle giornate estive perchè si svolge tutto allo scoperto. È inoltre necessario rifornirsi di acqua prima di mettersi in cammino.
DESCRIZIONE PERCORSO
Usciti dall’abitato di San Giovanni Rotondo e dirigendosi verso Monte Sant’Angelo, dopo breve tratto, poco prima del km 33 imboccare a destra una strada asfaltata e seguire l’indicazione “Valle dell’Inferno”. Procedere mantenendosi a sinistra in leggera salita, fino a giungere in cima ad un altopiano. Da qui proseguire su comoda carrareccia trascurando sulla sinistra una deviazione che porta alla discarica di rifiuti ben visibile in lontananza. Poco più avanti, (si procede fra pascoli recintati) un nuovo cartello indica la direzione per la Valle dell’Inferno e in breve si giunge nei pressi di una croce, di recente costruzione, recante un’epigrafe. L’itinerario nella valle ha inizio in prossimità di una cisterna con abbeveratoio (acqua non potabile), raggiungibile scendendo rapidamente lungo la linea di massima pendenza, lasciandosi alle spalle la succitata croce. Usciti dalla valle si prosegue su carrareccia fino a giungere al km 5+500 della S.P. Manfredonia/San Giovanni Rotondo; i due centri abitati sono raggiungibili prendendo rispettivamente a sinistra o a destra.
IL PAESAGGIO
Il primo tratto del percorso interessa un paesaggio agricolo caratterizzato dalla presenza di una fitta rete di muretti a secco, che delimitano e proteggono dal pascolamento seminativi e mandorleti. Ad un’attenta osservazione si può rilevare che tra i muretti a secco, così come più in generale nelle siepi costituitesi in corrispondenza di chiudende ed altre opere erette dall’uomo a difesa delle sue colture, trovano rifugio numerose specie erbacee ed arbustive, ma talvolta anche arboree, che rappresentano l’ultima testimonianza della flora spontanea del luogo, profondamente alterata o del tutto scomparsa su ampie superfici in seguito alle pratiche agronomiche ad al pascolamento.
La morfologia è dapprima quella di un fondovalle con direzione Est-Ovest, caratterizzato da accumulo di terra rossa (tale colorazione è dovuta alla presenza di ossidi di ferro) di buona potenzialità dal punto di vista agricolo. Ciò contrasta con le pendici circostanti, prive di copertura forestale su ampie superfici, ormai ridotte a pietraie calcaree. Man mano che si sale di quota, alle spalle la visuale si apre da Est ad Ovest sui versanti brulli e tondeggianti del Monte Calvello e del Monte Calvo e sull’abitato di San Giovanni Rotondo. É interessante osservare una progressiva rarefazione della copertura arborea man mano che ci si avvicina al centro abitato. Ciò è imputabile al continuo “legnatico”, tipo di uso civico praticato soprattutto in passato spesso in modo sconsiderato. Un’altra causa di tale rarefazione è il fuoco che veniva impiegato come “strumento” per ampliare e rendere più fertili le superfici a pascolo (tutt’oggi quest’atavica e irrazionale forma di gestione del territorio trova larga applicazione nel comprensorio del Gargano). Questi fenomeni, e le problematiche ad essi connesse, risultano comuni a tutti i paesi del bacino del mediterraneo.
Negli impluvi si nota invece una ripresa della vegetazione forestale, date le loro condizioni micro-stazionali più favorevoli, mentre le pendici che sovrastano l’abitato di San Giovanni Rotondo sono state per buona parte rimboschite con conifere e non mancano “facies” da incendio.
Nel fondovalle vi sono numerose masserie, testimonianza di una presenza umana capillare sul territorio, e qualche insediamento più recente a carattere residenziale.
Gli impluvi rinvenibili lungo il cammino si distinguono per la presenza di cisterne di raccolta dell’acqua piovana. Giunti sull’altopiano, la visuale si apre sul Tavoliere e i centri abitati della piana. Si attraversa ora un ambiente degradato, rappresentato da pascoli poveri in cui sono largamente rappresentate specie aromatiche, spinescenti, graminacee xerofile e sporadica vegetazione arbustiva ed arborea: il tutto è costellato da affioramenti rocciosi e calcarei. Scompare anche la coltura del mandorlo per la presenza di terreni più poveri, ma soprattutto perché la zona non offre alcun riparo dai venti freddi che spirano con particolare intensità per gran parte dell’anno.
Più avanti si presenta un piacevole panorama sul golfo di Manfredonia con in primo piano le vasche del Candelaro. Si costeggiano poi i ruderi di casolari in pietra circondati da muretti a secco che avevano la funzione di ricovero dei pastori e raccolta degli armenti. Ancora oggi il pascolo viene praticato attivamente, nonostante le risorse foraggiate siano scarse. In questo altopiano in particolare esiste una forma di uso civico, valido per i residenti del comune di San Giovanni Rotondo che, dall’8 maggio al 29 settembre, consente il pascolamento sui terreni gravati da detto vincolo. Dietro pagamento della “fida pascolo”, gli aventi diritto possono infatti far pascolare la cosiddetta “erba sttonica”. Nella restante parte dell’anno tali pascoli vengono utilizzati dal bestiame del proprietario del fondo. L’ingresso nella valle è contrassegnato dalla presenza di una croce con epigrafe, che ricorda il passaggio in questi luoghi di Camillo de Lellis e reca la data e le circostanze della sua conversione. La Valle dell’Inferno è denominata in questo modo perché nel periodo estivo vengono raggiunte temperature molto elevate, a causa della scarsa ventilazione.
Si tratta di una gola progressivamente più profonda ed impervia man mano che si procede verso la valle. Anche qui il pascolo ed il fuoco sono stati i fattori responsabili della rarefazione della vegetazione arborea ed arbustiva. Il poco leccio presente sopravvive ancora sul versante più fresco, esposto a nord, mentre su quello a sud, più soleggiato, sono caratteristici i cespugli di lentisco che, a causa del morso delle capre, si presentano ad habitus pulvinare. Tra le altre specie arboree ed arbustive si rinvengono: acero campestre, orniello, carpinella, roverella, marruca, terebinto, perastro. Nelle numerose cavità e fessure presenti, sulle cenge e sui pinnacoli, nidificano diverse specie di uccelli rupestri (passero solitario, zigolo muciatto etc.) e sono presenti anche alcuni mammiferi carnivori (volpe e faina). Vi sono poi diversi cunicoli posti al di sopra del livello del terreno ed una grotta di forma lenticolare posta sul piano di campagna, che funge da ricovero per le capre ed al cui fianco sorge un rudimentale casolare in pietra. Lo sbocco in pianura è molto suggestivo, dato l’aspro ambiente roccioso e gli aridi pascoli, che rappresentano l’ultimo stadio regressivo della vegetazione. La piana è fittamente ricoperta da oliveti e mandorleti.