Quando, nel 1453, Costantinopoli fu espugnata dai turchi, alcune navi veneziane, per salvarle dalla furia distruttrice, imbarcarono e portarono in Occidente statue e immagini sacre. Giunte al largo di Rodi Garganico, una di queste navi rimase inspiegabilmente immobile, nonostante le vele gonfie, mentre le altre proseguirono la rotta verso Venezia. Il capitano scese a terra per avere spiegazioni circa eventuali correnti che avrebbero potuto impedire alla sua nave di spostarsi e, durante la sua permanenza, notò che la popolazione si raccoglieva, con stupore, intorno ad una immagine della Madonna adagiata su una roccia. Avendola riconosciuta per uno dei quadri che aveva salvato, pensò che qualche marinaio l’avesse trafugato e ordinò di riportarlo a bordo. L’episodio, però, si ripeté ed il comandante veneziano interpretò l’accaduto come l’espressione della volontà della Madre di Dio di restare in quel luogo e fece dono ai Rodiani della Sacra Immagine. La nave riprese così il suo viaggio e, nonostante il ritardo accumulato, giunse nel porto della Serenissima prima delle altre. Questa è la tradizione circa la fondazione del santuario. Qualcuno sposta al periodo iconoclasta o delle prime crociate la traslazione del quadro di cui quello che ancor oggi si venera sarebbe una copia eseguita tra il XIV e XV secolo da un artista di scuola veneta. La Madonna è rappresentata seduta su un trono, ai cui piedi sono due devoti in preghiera: con la mano sinistra regge il Bambino che sembra giocare con una colomba e porgerle del cibo. Da questo grazioso dettaglio l’immagine fu chiamata “Madonna della Colomba”. Lo stesso particolare, però, spesso non viene riportato nella immagini a stampa. In seguito il nome originario fu mutato in “Madonna della Libera“. “Libera” perché ha manifestato la volontà di esser lasciata libera di risiedere dove preferiva, scendendo dalla nave e mostrandosi ai Rodiani. Nel luogo in cui era il macigno su cui posò il quadro, adiacente alla preesistente chiesetta di Santa Lucia, fu edificata la chiesa. A partire dal XVIII secolo iniziarono lavori di costruzione di un tempio che meglio rispondesse alla esigenze dei devoti e dei pellegrini, diventati numerosi. La nuova chiesa fu consacrata il 10 ottobre 1826 da mons. Eustachio Dentice ed in seguito si arricchì di altari, nicchie e cappelloni, mentre all’esterno era ombreggiata da un agrumeto, uno dei simboli del territorio e della storia economica della cittadina garganica. Particolari, poi, sono state le vicende della cupola, spesso ricostruita o ristrutturata. La consacrazione ufficiale ha dato impulso al culto della Madonna della Libera di Rodi tanto che, nel 1956, l’arcivescovo di Manfredonia mons. Andrea Cesarano ne decretava l’elevazione a Santuario Mariano diocesano “con tutti i diritti, privilegi ed effetti canonici inerenti a tale speciale titolo”. E, in effetti, il culto della Madonna della Libera, con l’intitolazione di chiese e con la celebrazione della ricorrenza del 2 luglio, si è diffuso anche in altri comuni del promontorio come Monte Sant’Angelo o Mattinata, mentre persino a New York i Rodiani colà emigrati hanno ricordato la loro Protettrice con una chiesa, che ospita una copia del quadro, e con festeggiamenti coincidenti con quelli del paese d’origine. Come già accennato, il 2 luglio i Rodiani rievocano l’approdo “libero” della Madonna con una messa solenne e con una processione per le vie del paese, mentre al santuario giungono pellegrini del luogo e dei paesi vicini. Nella processione il quadro è accompagnato dalla statua di San Cristoforo, compatrono del paese. Per ottenere il privilegio di portare a spalla l’effigie della Madonna e la statua del Santo, si svolge una gara tra muratori, pescatori e marinai. Questi ultimi, infatti, sono particolarmente devoti alla Madonna della Libera ed il santuario rodiano, così, si caratterizza come punto di riferimento della gente di mare. La suggestione di tale caratteristica si fa evidente nelle superstiti tavolette votive che vi sono custodite, buona parte delle quali ha come soggetto il naufragio. Si tratta di un unicum anche per quanto riguarda il pregio artistico di queste pitture popolari o, forse, popolareggianti: la scena è colta, con proprietà di tratti e colori, nel momento più drammatico che vede trabaccoli e imbarcazioni varie in preda e in lotta con i marosi. Alcune di queste tavolette sono dedicate anche a San Michele Arcangelo e a San Matteo Apostolo a testimonianza che i pellegrinaggi nel Gargano avevano un loro preciso collegamento.