Una linda chiesina, solitaria nella campagna piena di orti e ulivi, alta sullo specchio luminescente del Lago di Varano, è ciò che resta di Bayranum. Da questa città il lago prese il nome di Varano. Ogni tanto qua e là affiorano pietre e ruderi a testimonianza di una vita ormai spenta. Gli storici dicono che la cittadina ebbe discreta importanza nel Medioevo, ma poi lo scorrere del tempo, l’insicurezza dei percorsi e l’inclemenza delle vicende umane ebbero ragione delle ultime casupole sparse sulle rive del lago. Alla sua distruzione certamente non furono estranee le frequenti scorrerie dei Saraceni. Intorno alla scomparsa s’addensano cupe leggende. Una di queste pone nella zona l’antica Uria, abitata da gente cattiva e governata da un re dal nome truce come la sua anima, Tauro, più cattivo dei suoi concittadini. La città viveva nei sollazzi e nella violenza. Solo una fanciulla, chiamata Nunzia, si salvava dalla generale disperazione, tutta dedita al lavoro e alla preghiera. Una notte la gentile Nunzia sentì il respiro del lago; era un respiro pauroso, angosciante. L’indomani si vide avvolta da una pace terrificante: le acque del lago si perdevano tranquille all’orizzonte; dell’empia città non era rimasta traccia alcuna. Solo la chiesetta dell’Annunziata si ergeva solitaria come segno di speranza sul piccolo promontorio. Della chiesa non si hanno molte notizie. I documenti più antichi risalgono all’inizio del sec. XVI. Ci mostrano una chiesa piccola ma dotata di discrete rendite derivanti da proprietà fondiarie e insignita del titolo abbaziale. Già i primi documenti ci fanno conoscere l’esistenza di un Crocifisso miracoloso che viene portato in processione in occasione di pubbliche calamità, e specialmente quando i raccolti sono in pericolo per la siccità o per il gelo. La devozione al Crocifisso nel tempo si consolidò e divenne patrimonio di Ischitella e dei paesi vicini, in particolare di Cagnano e di Carpino. Il 23 aprile 1717 resterà a lungo scolpito nella memoria di quelle popolazioni. Una lunga siccità aveva compromesso definitivamente i raccolti e la paura della fame toglieva alla gente ogni serenità. Si fece una solenne processione del Crocifisso e il 23 aprile una pioggia abbondante fece rinverdire, insieme ai campi, anche le speranze dei contadini. Da allora il miracolo si ripeté più volte: così nel 1899 e nel 1948. Il Crocifisso di Varano è una bella opera databile, secondo gli esperti, tra la seconda metà del sec. XIII e la prima metà del XIV. La sua bellezza ha dato libero corso alla fantasia popolare: qualcuno dice che “è un vero ritratto del Salvatore” “scolpito in epoca assai vicina alla morte del Redentore”; l’autore sarebbe l’evangelista San Luca, protettore dei pittori, a cui le varie tradizioni locali attribuiscono innumerevoli immagini della Madonna. Una leggenda popolare racconta come Gesù, stupito lui stesso per la bellezza dell’opera, sia apparso a San Luca per congratularsi dicendogli: “Luca, Luchist, addov’ me vidist, che tant bell mi facist?” “Luca, quando mai mi hai visto per avermi ritratto così bene?”. E’ il caso di rilevare come questa espressione popolare sia una implicita citazione del Prologo del Vangelo di San Luca nel quale l’evangelista confessa di non aver mai conosciuto Gesù se non attraverso i documenti. Esprime anche l’opinione di molti studiosi i quali rilevano come Luca, attraverso l’esame di documenti e di testimonianze, sia riuscito a dare di Gesù un’immagine viva e dettagliata, quasi pittorica, come se lui stesso fosse stato presente ai momenti salienti della vita del Redentore. La festa che si celebra ogni 23 aprile ha il suo momento più solenne nella processione in cui il Crocifisso viene portato sul vicino poggio dove è allestito un Calvario.