Terra di Castelli nel segno di Federico II
La Capitanata è terra piena di storia. A testimonianza di quel passato medioevale alcuni dei castelli più maestosi e ben conservati dell’epoca Federiciana. Alcuni dei castelli più rinomati.
Castel Fiorentino di Torremaggiore
In agro di Torremaggiore, a 9 chilometri a sud della città, sul versante ovest di una collina detta dello Sterparone (sperone interfluviale delimitato dal Canale della Bufala e dal Canaletto), si ergeva il centro abitato di Fiorentino, antica sede vescovile. Sorta su un’importante arteria che da Teanum Apulum conduceva a Luceria, Fiorentino, venne edificata, “ex nihilio” tra il 1018 e il 1023 dal catapano bizantino Basilio Baiohannes, insieme a Troia, Civitate, Dragonara, etc… .
La città fu inserita nel sistema strategico-difensivo della frontiera settentrionale della Puglia, allo scopo di fronteggiare gli attacchi dei nemici dell’impero di Bisanzio. Distrutta la città nel 1255 durante le aspre lotte tra il papato e la Casa di Svevia, gli abitanti superstiti si rifugiarono a Torremaggiore. Gli scavi archeologici in corso del sito abbandonato hanno riportato alla luce la domus federiciana con i segni evidenti delle distruzioni e dei rifacimenti di età angioina. La cattedrale, intitolata a S. Michele Arcangelo, oggetto di una recente indagine da parte della Sopraintendenza ai Beni A.A.A.S. della Puglia, dominava nel settore sud-occidentale della città, con la facciata rivolta alla magna platea. E’ plausibile che da esse provengano in buona parte le sculture medioevali riusate come arredo urbano nelle chiese ed abitazioni di Torremaggiore.
Castello di Lucera
Posto sulla sommità piana del colle sul quale sorgeva l’acropoli della Lucera romana, difeso per tre lati da ripide pareti a strapiombo, il castello di Lucera domina il Tavoliere di Capitanata. Federico II ne aveva voluto la costruzione per rinchiudervi, negli anni ’20 del 1200, i ribelli musulmani Saraceni deportati dalla Sicilia che, con ripetute campagne, non era riuscito a sedare nè ad inquadrare nell’ordinamento statale.
In origine, per volontà di Federico, fu fatto erigere un palazzo imperiale del quale oggi rimane ben poco ma che all’epoca si presentava come un altissimo donjon ovvero un torrione quadrato, suddiviso in piani con pareti verticali, impostato su di uno zoccolo quadrilatero scarpato anche esso a due piani, quello superiore a livello del terreno e quello inferiore sotterraneo. All’interno nascondeva un piccolo cortile ed aveva forma quadra nella parte bassa ed ottagonale nel piano più alto, lo adornavano ricchissimi motivi ornamentali romanico-gotici ed una raccolta di sculture classiche. Le stanze erano arredate con sfarzo e raffinatezza, quasi a contrastare l’aspetto esterno del torrione, minaccioso ed inaccessibile. Intorno, erano disposti altri ambienti tra cui una delle principali zecche imperiali, officine per fabbricare armi, finimenti, vesti e tutto ciò di cui la corte avesse bisogno. Era il 1233, anni prima della costruzione del più noto Castel del Monte che quindi trova, nel palazzo di Lucera, un importante precedente. Nel 1269 Carlo I D’Angiò espugnò la fortezza e costruì la gigantesca cortina muraria irregolare che attualmente corona la collina. La cortina è lunga ben 900 metri, scandita da 13 torre quadrate, 2 bastioni pentagonali, 7 contrafforti e 2 torri cilindriche angolari, tra cui spicca la maestosa “Torre della Leonessa“, elevata ad un angolo del recinto sulla base di una preesistente torre sveva. Fu costruita anche una chiesa dedicata a S. Francesco, della quale rimangono visibili le fondamenta.
Nel 1456 un terremoto arrecò gravi danni al complesso già in cattivo stato di conservazione e nel ‘700 il palazzo imperiale fu distrutto per ricavarne il materiale necessario alla costruzione di una Regia Udienza (l’attuale Tribunale). L’opera di distruzione continuò per tutto l’800. All’inizio del secolo, sull’onda di un rinato interesse per il monumento con l’avvio di opere di ricerca, scavo e restauro, sono stati ritrovati ruderi di antiche costruzioni romane e bizantine di notevoli dimensioni.
Castello di Manfredonia
Il castello di Manfredonia non è il frutto di un progetto unitario concepito fin dalla sua origine così come oggi ci appare, ma è il risultato di trasformazioni, ampliamenti e rifacimenti avvenuti in epoche diverse. In origine tutta la struttura consisteva in uno spazio quadrilatero racchiuso da una cinta muraria raccordata da cinque torri a pianta quadrata, di cui quattro poste agli angoli e la quinta ubicata presumibilmente nei pressi della porta principale di Nord-est. Tale primitivo impianto non corrisponde più alla realtà attuale in quanto della quinta torre restano solo poche tracce, mentre le altre, ad eccezione di quella posta a Sud-est, hanno cambiato la loro struttura formale. Infatti, un’opera di inglobamento avvenuta in epoca successiva, ha trasformato le precedenti strutture quadrangolari in torrioni a pianta cilindrica.
Il castello di Manfredonia si connota sotto il profilo architettonico per un’impronta di chiara marca sveva caratterizzata dalla estrema regolarità geometrica e dalla linearità delle strutture, elementi questi che lo accomunano ad analoghi modelli difensivi realizzati dagli Svevi. Ma se sul piano comparativo il Castello di Manfredonia, denuncia una evidente “facies sveva“, a livello documentario esso e da attribuire a Carlo I d’Angio. Infatti i primi documenti che parlano del Castello di Manfredonia provengono proprio dalla Cancelleria angioina e risalgono all’aprile del 1279.
Castello di Monte Sant’Angelo
Nel 493 il vescovo di Siponto fece costruire una chiesa nei pressi della grotta in cui, secondo la tradizione, era apparso l’Arcangelo Michele per difendere la città dai barbari. La chiesa fu un santuario longobardo, poi avamposto della chiesa latina e quindi meta di pellegrini e crociati. Sotto Federico II questo santuario acquistò ulteriore fama, divenendo sempre più luogo frequentato da fedeli, religiosi e sovrani. Il castello di Monte sant’Angelo, collocato nella parete nord-ovest della città a pochi metri dalla basilica di San Michele Arcangelo, domina dall’alto del monte Gargano tutto il golfo di Manfredonia.
Con l’avvento dei Normanni, il Castello divenne dimora dei principi della Signoria dell”Honor Montis Sancti Angeli; fu di Rainulfo I Drengot , conte di Aversa, e poi di Roberto Guiscardo, il quale, nella seconda metà del XI sec., dopo aver cinto di mura la città, fece riedificare la sua parte più antica: la cosiddetta Torre dei Giganti, poderosa costruzione di forma poligonale, alta 18 metri e con mura spesse 3,70 metri. Con la dominazione Sveva, assurse a grande importanza nel sistema di difesa del Gargano, tanto da essere uno dei tre “castra exempta“, ovvero castelli privilegiati. Nello stesso periodo il castello subì sostanziali restauri ed ampliamenti, per renderlo degno di ospitare la sua amante Bianca Lancia, alla quale Federico II concedeva la “Signoria dell’Onore di Monte S. Angelo”. E’ ancora ben conservata di quella epoca una elegante sala duecentesca con grande pilastro centrale e volte ogivali, comunemente detta Sala del Tesoro. Gli Angioini ebbero grande cura per la fortezza, ma purtroppo, di essa si servirono prevalentemente come prigione di stato. I principi Durazzeschi ne fecero il loro quartiere generale nella guerra contro i cugini Angioini, e la loro dimora abituale; qui, infatti, nel 1351 vide la luce Carlo III di Durazzo, che divenne poi re di Napoli e d’Ungheria. Toccò tuttavia agli Aragonesi portare il castello all’antico splendore.