A qualche chilometro ad ovest di Cagnano Varano, sulla strada che conduce a San Nicola Imbuti e a Capoiale, le indicazioni stradali annunciano la Grotta di San Michele. Entrando da una stretta porta e adattando gli occhi all’oscurità, ci si accorge di qualcosa di familiare e di già visto. Lungo le pareti della grotta si susseguono nicchie e altari che ricordano quelli esistenti nella Grotta di San Michele a Monte Sant’Angelo. E’ chiara l’intenzione di riprodurne ambienti e atmosfera. La grotta è stata sempre oggetto di frequentazione piuttosto intensa da parte dei locali e dei forestieri. Della storia della grotta e di come sia diventata luogo dedicato all’Arcangelo non si sa quasi nulla. L’unico documento che ne fa menzione è del 1054.
La grotta fu luogo di culto da tempi antichissimi; anche uno scrittore ecclesiastico accorto e puntuale come Pompeo Sarnelli nella sua “Cronologia dei Vescovi e Arcivescovi Sipontini”, pubblicata nel sec. XVII, identifica nella grotta di San Michele l’omonima chiesa esistente nei pressi di Cagnano Varano. La grotta si presenta come un ambiente piuttosto lungo; sul pavimento, reso viscido dallo stillicidio, e sulla volta si notano numerose concrezioni calcaree. Intorno alla grotta fiorirono le leggende in cui la figura di San Michele perde le sue connotazioni bibliche e tradizionali e diventa un eroe di paese costruito mescolando frammenti di storie diverse. Una di queste narra come San Michele sceso dal cielo, entrò nella grotta col suo cavallo. Anche un grosso toro volle entrare nella grotta, ma essendo la porta molto stretta, restò incastrato e con le corna infisse nelle rocce. Quando il padrone riuscì a liberare il povero toro, fu investito da gran luce entro cui gli apparve San Michele. Corse a dar notizia ai paesani. Ma quando questi arrivarono di San Michele non era rimasta traccia al di fuori delle impronte del cavallo impresse nella sabbia umida. Seguirono le orme e videro San Michele stanco e assetato, inginocchiato e con le mani poggiate a terra. Dal punto toccato dalle sacre mani scaturì una fresca sorgente a cui l’Arcangelo si dissetò. La sorgente fu chiamata “fontana di San Michele“. San Michele peregrinò a lungo sul Gargano, fin quando non trovò la sua grotta a Monte Sant’Angelo, e vi rimase. La grotta di San Michele a Cagnano è certamente un luogo che la devozione ha trasformato in un punto ben caratterizzato nel panorama religioso della costa settentrionale del Gargano. Si capisce come tuttora sia frequentata dai cagnanesi e dalle popolazioni vicine, ma anche dai numerosi turisti che affollano durante l’estate le vicine spiagge.